L’evoluzione elettrica dell’automobile.

Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo: motori a combustione e motori elettrici.

di Filippo Miotto, pubblicato il 04/03/2021.


La rivoluzione nel mondo dell’automobile.

La scelta ormai è stata fatta: nel giro di una decina di anni le automobili circolanti saranno quasi tutte ibride o, in buona se non per la maggior parte, elettriche. L’inquinamento nelle città, e nel mondo che ci circonda, ormai è in una fase di continua e inesorabile crescita. I danni all’ambiente, uomo compreso, sono già elevati e si deve intervenire subito, ognuno apportando il proprio contributo. Tale scelta comporterà una nuova rivoluzione in termini sia di tipologia di mobilità dell’automobile sia di tecnologia applicata.

La soluzione che si prospetta, o meglio che ci è stata prospettata, è apparentemente semplice. Se vengono ritirate dal mercato le auto con sistema di propulsione basato sui combustibili fossili e adottiamo tutti auto a propulsione elettrica, o almeno prevalentemente elettrica, le emissioni di sostanze inquinanti in corrispondenza del veicolo, anidride carbonica compresa, vengono praticamente annullate o ridotte a livelli accettabili.

Ma è tutto veramente così come ci viene proposto? Abbiamo trovato la soluzione definitiva? O è solo una manovra commerciale?

Come siamo spesso abituati a fare ci concentriamo tutti su un solo istante o luogo, dimenticando tutto il contorno. Non vediamo uscire gas di scarico da un’automobile e pensiamo che questa sia il veicolo ecologico in assoluto. In realtà, purtroppo, il problema è molto più complesso e richiede l’analisi di più fattori, dovendo spaziare dalla filiera di produzione, alla gestione del veicolo, alla sua dismissione, passando per l’alimentazione del motore stesso. Non bisogna poi dimenticare in ultimo l’aspetto socio-economico collegato a questa rivoluzione in atto.

Risulta assodato, quindi, che le auto elettriche o ibride, di qualsiasi natura siano, nel momento in cui funzionano in modalità puramente elettrica, quindi con il motore endotermico spento (se presente), le emissioni locali di inquinanti sono pari a zero, escludendo naturalmente il consumo locale del battistrada degli pneumatici o delle pastiglie dei freni che, tra l’altro, ci sarebbe comunque anche con motore a combustione acceso.

A questo punto sorgono però delle domande, di cui la principale è la seguente:

“tutta la filiera di produzione del veicolo, dall’approvvigionamento dell’energia che ricarica il motore, al ricambio e alla dismissione delle batterie a fine del loro ciclo vita e quant’altro rientra nella produzione e gestione dell’automobile elettrica o ibrida, è effettivamente a vantaggio dell’ambiente rispetto ad un’auto alimentata con combustibili fossili?”

Volendo fare chiarezza, è necessario capire un po’ di più come funziona un’automobile, su cosa intervengono i sistemi ibridi, cos’è un’auto elettrica e su come ci si approvvigiona di carburante, comprendendo in questo caso non solo quelli fossili, ma anche l’energia elettrica. Bisogna, oltretutto, creare una infrastruttura di ricarica dei veicoli adeguata a permetterne l’elettrificazione non solo nelle grandi città, ma anche nei piccoli paesi di provincia.

Alle questioni tecniche, però, si affiancano anche delle implicazioni sociali. Le auto ibride ed elettriche hanno dei costi di acquisto maggiori rispetto alle auto tradizionali che non tutta la popolazione può permettersi di sostenere in tempi rapidi, nonostante vengano proposti degli incentivi all’acquisto. Il passaggio a questo tipo di alimentazione non è, quindi, così automatico come può sembrare. Il blocco delle vetture a combustibili fossili dovrà quindi tener conto di questo aspetto, per permettere a tutti di pianificare effettivamente l’acquisto e la gestione di questi veicoli.

Da questo punto di vista si prospettano anche diversi tipi di mobilità che, associati all’applicazione dei sistemi basati sull’intelligenza artificiale, nel contesto delle smart city, può portare ad ulteriori benefici ambientali e non solo.

La dinamica di un autoveicolo e le perdite di energia dei motori.

Apriamo la portiera, saliamo in auto e inseriamo la chiave, senza ancora avviare il motore. Durante queste tre fasi si sono accese le luci interne, alcune spie e il motore si sta preparando all’avvio. Tutti questi sistemi iniziano così a consumare dell’energia che arriva momentaneamente dalla batteria.

Avviamo ora il motore. Il carburante comincia a girare nei vari circuiti fino ad arrivare ai cilindri dove, insieme all’aria, andrà a costituire la miscela che verrà innescata e bruciata, garantendo la produzione di potenza ed energia sufficienti alle nostre richieste. Lo scoppio nei cilindri permette di mettere in moto la rotazione dell’albero motore e dei vari sistemi ad esso collegati e di mantenerli in rotazione anche se ad un regime molto basso, giusto quello necessario per garantire il non spegnimento del motore.

Tutta questa fase descritta comporta delle perdite dell’energia potenziale del carburante riscontrabili principalmente nelle seguenti:

  • il motore deve vincere tutte le resistenze interne di attrito che, anche se ben lubrificato, ci sono sempre e comunque;
  • nella fase di variazione della velocità di rotazione, ad esempio all’avvio vero e proprio, il motore deve vincere anche le inerzie interne in quanto deve accelerare, da zero fino al regime di rotazione voluto o imposto, tutte le parti meccaniche, consumando energia in più;
  • anche se lo scoppio e l’espansione della miscela aria/carburante nei cilindri è molto rapida, l’energia sviluppata dalla miscela stessa che brucia disperde del calore verso il motore stesso che inizia così a scaldarsi, sprecando quindi dell’ulteriore energia che, oltretutto, dovrà richiedere dell’energia in più che verrà persa per la gestione del sistema di raffreddamento;
  • i gas di scarico prodotti sono caldi e questo calore indica una ulteriore perdita di energia, in quanto stiamo cedendo energia a qualcosa che stiamo in realtà espellendo dall’automobile.

Ora possiamo partire. Inseriamo quindi la marcia e iniziamo ad accelerare. Il veicolo richiede al motore un surplus di energia in quanto deve:

  • mettere in rotazione tutti i meccanismi interni per trasferire quella generata all’albero motore fino alle ruote, dovendo vincere quindi gli attriti interni e le deformazioni che si creano nei vari alberi di trasmissione presenti;
  • variare le velocità di rotazione delle ruote e dei vari alberi di trasmissione, dovendo vincere quindi le inerzie locali;
  • vincere la resistenza dell’aria offerta dal movimento del veicolo.

In più deve mantenere attivi tutti i sistemi interni, dalla climatizzazione interna, alle luci, ai sistemi di gestione e controllo dell’autoveicolo, con ulteriore dispendio energia.

I dati riportati nelle figure seguenti, desunti dagli studi condotti dal EPA (Environment Protection Agency of USA) e negli studi del Dipartimento delle Risorse, Energie e Turismo del Governo Australiano, riassunte nel diagramma noto come Diagramma Sankey, sono significativi. Stabilita al 100% l’energia massima potenzialmente fornibile da 1 litro di carburante introdotto nel serbatoio, le sole perdite a livello del motore sono superiori al 60-70%, dipendendo dalla tipologia di strada e guida affrontata e adottata. Il mantenimento dei sistemi ausiliari e di comfort interno riescono a consumare anche il 7% dell’energia potenziale disponibile. Nei percorsi urbani, se l’auto non dispone dei sistemi start/stop, a causa dei continui rallentamenti e stop nelle code cittadine, riesce a perdere fino al 17-20% di energia. Alla fine il rendimento globale è molto basso, indicando che l’energia finale disponibile alle ruote, necessaria per la marica vera e propria, è pari a circa il 15-25% dell’energia iniziale posseduta dal carburante immesso. Rivedendo quindi i numeri in gioco, si evidenzia che il rendimento globale dell’autoveicolo, dato dall’energia effettivamente utilizzata per la conduzione del veicolo (marcia + vincita resistenze esterne aerodinamiche + sistemi ausiliari interni) è variabile tra il 25% e il 35% massimo, nei veicoli più efficienti e per tratti quasi completamente guidati (autostrada).

Le perdite di energia ci sono, inoltre, non solo durante le fasi di accelerazione o di mantenimento del veicolo in marcia, ma anche quando dobbiamo rallentare. La fase di frenata o di rallentamento per stacco dell’acceleratore (quindi senza toccare i freni), comporta un regime di rotazione del motore che teoricamente non sarebbe necessario, ma che serve per mantenere acceso il motore, mantenere in funzione i sistemi di gestione e vincere le solite resistenze interne. Se freniamo, oltre a quanto indicato precedentemente, dobbiamo, da un punto di vista fisico, dissipare l’energia cinetica posseduta dalla macchina (che è in movimento con una certa velocità) fino a fermarla. L’energia cinetica del veicolo viene dissipata sottoforma di attrito e di calore ai freni e alla superficie di contatto tra il pneumatico e la strada, quest’ultima in modo più o meno preponderante in base a quanto blocchiamo la ruota. In modo più semplice abbiamo consumato tanta energia per accelerare un veicolo per poi sprecarne altrettanta per fermarlo. Durante la frenata vengono inoltre prodotte delle particelle date dal consumo delle pastiglie freno, quindi altro materiale inquinante che finisce sulle strade e nell’ambiente.

Il recupero di energia nei veicoli ibridi.

Il bilancio a questo punto è fatto in un attimo. Ipotizzando di recuperare, tramite dei motori/generatori elettrici collegati alle ruote o agl ialberi di trasmissione, parte dell’energia dissipata durante la frenata e di recuperare parte dell’energia del motore durante le fasi di rilascio dell’acceleratore (che nei sistemi ibridi e non solo comporta il “veleggiamento” del motore), si recupera proprio quel 17%-20% di energia indicato precedentemente. Questa, stoccata nella batteria e riutilizzata per il veicolo, adottando un rendimento in questo caso di circa il 92%-95%, verosimile per questo ciclio di produzione/stoccaggio/produzione, porta ad un energia disponibile per il veicolo comrpesa tra il 15% e il 18%, che, guarda caso, corrisponde in media al risparmio di carburante stimato nel ciclo WLTP per i veicoli mild-hybrid, e proposto come valore significativo nelle campagne pubblicitarie delle diverse case automobilistiche. Nei veicoli mild-hybrid il motore a combustione è quindi sempre acceso, solo che il motore elettrico supporta il primo motore riducendo l’energia richiesta per il funzionamento della macchina riducendo i consumi, come indicato.

Il principio fisico/meccanico adottato è piuttosto semplice: al rilascio dell’acceleratore o per pressioni non troppo elevate e/o repentine del pedale del freno, entra in funzione il generatore di corrente collegato alle ruote che assorbe l’energia cinetica del veicolo, presente agli alberi di trasmissione in rotazione collegati al motore/generatore, producendo energia elettrica che viene accumulata nelle batterie (fase di ricarica). Una situazione più o meno simile succede al motore a combustione che andrà ad alimentare l’unità elettrica. Solo nell’ultimo tratto di marcia, ossia per arrivare allo stop del veicolo, o se si aumenta la pressione sul pedale del freno, come in una brusca frenata di emergenza, entrano in funzione i freni veri e propri. Il vantaggio di questo sistema è anche una diminuzione delle sollecitazioni e del tempo di utilizzo dell’impianto frenante che durerà più a lungo e richiederà meno manutenzione. Praticamente stiamo rallentando l’auto utilizzando una sorta di “freno magnetico”.

In alcune tipologie di veicoli, in particolare quelli di nuova concezione, l’energia per le batterie può essere recuperata in marcia anche in altri modi, compreso l’utilizzo del motore endotermico come generatore di corrente. Otterremo così le full-hybrid, o ibride complete. In questi casi la dimensione del pacco batterie cresce, è possibile accumulare più energia, che potrà essere utilizzata anche per garantire brevi percorrenze (normalmente qualche chilometro) in sola modalità elettrica.

Un ulteriore passo in avanti e troviamo le plugin-hybrid, ossia le auto che necessitano anche di una ricarica esterna delle batterie. Sono state concepite come delle full-hybrid in cui il pacco batterie è ulteriormente cresciuto, tanto da non poter più essere ricaricato solo dal recupero dei moti inerziali del veicolo e dal motore termico, ma richiedendo un surplus di energia che viene fornito, in questi casi, da una fonte esterna (colleghiamo l’auto alla corrente elettrica). Il vantaggio in questo caso consiste nel fatto che le auto possono percorrere tratti più o meno lunghi (comunque poche decine di chilometri di solito) in modalità completamente elettrica e raggiungendo velocità maggiori rispetto alle precedenti ibride descritte.

Sia per le full-hybrid che per le plugin-hybrid, la marcia in modalità elettrica è garantita fino ad una certa velocità, variabile normalmente tra i 55 km/h e i 75 km/h, superata la quale entra in funzione il motore endotermico al fine di garantire la marcia del veicolo con la giusta potenza e le giuste prestazioni. Quello elettrico viene utilizzato per alimentare i sistemi di bordo o per fornire potenza aggiuntiva durante le accelerazioni, sopperendo al ritardo di spinta dei motori endotermici e per garantire potenza e coppia immediate.

Procedendo nell’elettrificazione troviamo le plugin-hybrid range extender vehicle, o range-extended electric vehicle (REEV), o extended-range electric vehicle (E-REV), ossia delle auto elettriche in cui è presente una unità endotermica, normalmente a benzina e di piccola cilindrata. L’auto viene caricata alla presa della corrente e funziona in modalità elettrica. Se le batterie finiscono la loro carica, è possibile attivare il motore endotermico che funziona da generatore ricaricando le batterie. Il vantaggio? autonomia di funzionamento estesa e pozzibilità di utilizzo anche per lunghi viaggi dove magari le colonnine di ricarica lungo il percorso non sono facilmente raggiungibili.

Un esempio di questo tipo furono le gemelle Chevrolet Volt e Opel Ampera. Queste erano dotate di due motori elettrici agenti sulle ruote anteriori (uno sempre attivo da 151 CV e l’altro, da 73 CV, che interveniva in caso di necessità, ad esempio a velocità medio-alte) e di un terzo motore termico 4 cilindri a benzina 1.4 da 86 CV, utilizzato come generatore per ricaricarne le batterie. In questa configurazione l’auto garantiva autonomia di funzionamento nettamente superiore ad una tradizionale auto elettrica, utile quindi per percorrenze elevate, pagando però pegno con emissioni non pari a zero (circa 20g di CO2/km).

Da un punto di vista tecnologico la configurazione attualmente migliore prevede l’accoppiamento all’albero di rotazione del motore endotermico di un motore/generatore elettrico e il posizionamento di ulteriori motori, uno per ruota o uno per asse, posizionati o sulle ruote o all’asse posteriore o anteriore, in base alla tipologia di trazione che si vuole, posteriore o anteriore rispettivamente. Per la trazione integrale basta moltiplicare il numero di motori da accoppiare agli assi di trasmissione presenti.

Diverse sono le configurazioni possibili. Oltre al funzionamento in solo modalità elettrica, o nella modalità in cui è in funzione il motore endotermico, si possono avere diverse configurazioni di accoppiamento motore elettrico vs motore endotermico vs trazione come illustrato nelle figure successive (fonte: Center for Advanced Automotive Technology).

Nelle auto elettriche (Battery Electric Vehicle – BEV), e solo elettriche, naturalmente vengono utilizzati per generare il moto solo i motori elettrici, anche in questo caso due o più in base alla tipologia di trazione che vogliamo, utilizzando solo l’energia accumulata nelle batterie. Lo schema seguente (fonte: Groupe PSA) chiarisce posizione del motore, del pacco batterie e di tutto quello che interessa questa tipologia di veicoli. L’immagine è interessante perchè permette di identificare tutti i principali elementi che compongono un’auto a trazione elettrica e la loro posizione nel veicolo.

Analisi dell’inquinamento dei veicoli endotermici, ibridi ed elettrici.

Da quanto è emerso fino ad ora, sembra che sia stata trovata la soluzione finale. L’utilizzo della tecnologia ibrida o elettrica comporterebbe infatti

  • consumi di combustibili fossili in via di eliminazione;
  • riduzione se non eliminazione completa delle emissioni di sostanze nocive;
  • benefici ambientali indiscussi.

Ma è proprio così? Provo ad approfondire ulteriormente l’argomento.

Per capire effettivamente se questa tipologia di veicoli sia la soluzione al problema dell’inquinamento è necessario analizzare più aspetti:

  • consumo di carburante/energia istantaneo durante la marcia
    • modalità di valutazione dei consumi
  • produzione dell’autoveicolo
    • autotelaio,
    • motore
    • sistema di accumulo dell’energia necessaria alla marcia,
  • mantenimento del veicolo
    • manutenzione
    • alimentazione del veicolo (carburante ed energia elettrica)
  • dismissione del veicolo
    • rottamazione
    • dismissione/recupero delle batterie
  • produzione e accumulo del carburante e distribuzione locale
    • combustibili fossili
    • energia elettrica
  • aspetti sociali
    • corretta modalità di gestione e utilizzo di un veicolo ibrido/elettrico
    • costo della mobilità
    • possibilità di accesso alle nuove tecnologie

Non voglio, però, inventarmi nulla al riguardo. Il tema trattato è importante e complesso, quindi proporrò quanto ho trovato in diversi studi e ricerche di settore, privilegiando quanto propsoto da università e centri di ricerca, sia nazionali che esteri, magari qualcosa di sovranazionale. Intanto provo a chiarire come si costruiscono le valutazioni di cui troverete i risultati più avanti.

Valutazione dei consumi e dell’inquinamento dell’autoveicolo durante la marcia

Il dubbio sulla valutazione dei consumi effettivi di carburante nasce di solito in seguito alla modalità con cui vengono contabilizzati. I test eseguiti per valutare i consumi sono normalmente affetti da tre tipologie di problemi: (1) la durata del test in termini di tempo e chilometri percorsi è troppo breve, (2) il percorso e le modalità di accelerazione/decelerazione rispecchiano una situazione ideale poco riscontrabile nell’uso reale quitidiano, (3) se conosco in anticipo la modalità con cui sono eseguiti i test potrei tarare la centralina dell’auto per ottimizzare il funzionamento e i consumi del veicolo secondo le specifiche del test stesso.

Le auto ibride permettono, in alcuni casi, di coprire una certa distanza, anche se di pochi chilometri, in modalità completamente elettrica che, associata al sistema start&stop, comportano una riduzione evidente dei consumi, situazione che perde di significatività su percorsi extraurbani più lunghi o nell’uso costante in strade di montagna, situazione in cui la marcia è per la maggior parte affidata al motore endotermico. In ambito urbano, o per brevi tratti extraurbani in zone pianeggianti, i risutlati dei test condotti risultano invece già più verosimili.

Partiamo quindi dall’analizzare l’ultima tipologia di test condotti per valutare i consumi, identificata con la sigla WLTP.

Il ciclo WLTP (Worldwide harmonized light vehicles test procedure), utilizzato attualmente per valutare i consumi e l’inquinamento degli autoveicoli, ha determinato un netto passo in avanti rispetto al precedente ciclo NEDC (New Europea Driving Cycle) o ad altri cicli di test disponibili, eseguiti praticamente tutti in laboratorio e non su strada. Il confronto risulta chiaro dalle figure e diagrammi seguenti, da cui si desume che il ciclo WLTP risulta già più vicino ad un uso reale dell’autoveicolo.

Per ovviare a questi problemi alcune università, centri di ricerca ed enti pubblici hanno iniziato ad eseguire dei test su strada su lunghe percorrenze, mettendo a confronto, per i vari veicoli, la versione ibrida con la versione a motore endotermico. I primi risultati sono incoraggianti, mostrando una netta diminuzione dell’inquinamento puntuale anche dove il ciclo WLTP sembrerebbe andare in crisi, ossia l’uso su strada reale e su lunghe percorrenze, anche autostradali.

Ciclo di produzione dell’autoveicolo.

Partiamo dall’autotelaio e scocca. Dal punto di vista generale che l’auto sia con motore endotermico, ibrido o elettrico praticamente non cambia nulla. Entrando nel dettaglio le differenze, a dire il vero, ci sono. Nelle auto ibride e, in modo ancora più predominante in quelle elettriche, bisogna trovare il posto per il pacco batterie che ha comunque un peso e delle dimensioni non trascurabili. Per un’auto elettrica i pesi di tutti i componenti aggiuntivi (generatori, inverter, rotori, batterie, etc.) arriva a superare velocemente i 100kg, fino anche sopra i 150 kg per le auto più potenti e performanti… e stiamo parlando di auto di serie tradizionali. Per supercar e hypercar il discorso è motlo diverso e deve essere affrontato più specificatamente. Riporto, a titolo di esempio nelle schede successive, i valori dei pesi dei componenti realtivi alla BMW i3, così come desunti dai rapporti del U.S. DRIVE (Driving Research and Innovation for Vehicle efficiency and Energy sustainability).

I pesi indicati vanno ad aggiungersi a quelli dell’auto in questione. Nel caso in cui l’auto sia solo elettrica, bisogna togliere il peso del motore endotermico, del serbatoio e di tutti gli altri componenti. Per motori di piccola cilindrata il peso complessivo può aggirarsi sui 200 kg complessivi. Quindi, alla fine, togliamo e aggiungiamo più o meno lo stesso peso. Per le auto ibride con autonomie crescenti possiamo valutare un peso aggiuntivo variabile tra almeno 50 kg e circa 150kg, valori che per auto di circa 1200-1500 kg di peso a vuoto potrebbe cominciare ad essere influente sulle caratterisitche del telaio, richiedendo un maggiore irrigidimento dello stesso. La posizione delle batterie, normalmente nella parte basse del veicolo, comportano inoltre un abbassamento del baricentro che richiede ulteriori irrigidimenti, ma nel computo dell’inquinamento in più o in meno prodotto dalla filiera di produzione dei veicoli considerati quì si può considerare trascurabile.

Per il pacco batterie la faccenda si complica e non poco. I problemi in questo caso non derivano tanto dall’energia consumata per produrre le diverse tipologie di batterie, ma, attualmente, sui possibili sistemi di estrazione di alcuni elementi che le compongono, classificati come “terre rare” che derivano da miniere non proprio ottimizzate dal punto di vista dell’inquinamento e dell’aspetto “etico-sociale” dei lavoratori coinvolti. In questo caso si tratterà solo di una questione di tempo e i problemi si risolveranno velocemente. La produzione delle batterie, infatti, si sta già ultimamente spostando dai paesi in via di sviluppo ai paesi europei e statunitensi. Basti pensare alla notizia degli investimenti elevati di alcuni colossi cinesi nella Motor Valley per la realizzazione di filiere legate alla produzione di batterie per veicoli elettrici.

Mantenimento del veicolo.

Il motore di un’auto elettrica è composto da rotore, statore e involucro esterno, quindi ha molte meno parti di uno a benzina o diesel. Nel complesso risulta così più affidabile e meno soggetto all’usura. In più, il motore elettrico non ha liquidi da rabboccare o sostituire. Del minore consumo dei freni nelle auto elettriche ne ho già parlato. Le auto in produzione attualmente garantiscono una vita della batteria paragonabile a quella della vettura e quindi con una ridotta manutenzione.

I dati risalenti al 2019, basati sull’analisi dei costi di manutenzione di diverse tipologie di auto elettriche in commercio nell’anno, indicano che “… nel confronto tra auto elettrica e a benzina, per alcuni modelli si arriva anche ad un risparmio del 75% per la manutenzione ordinaria nei primi 6 anni, mentre la media sul risparmio è del 42%. …”. Utilizziamo però un altro punto di vista, legata all’inquinamento e alle energie utilizzate: minori costi vuol dire minori ricambi e minori interventi, quindi minore energia utilizzata e minori inquinanti prodotti, soprattutto olii e pezzi da dismettere.

La produzione dei carburanti di origine fossile.

Il carburante che utilizziamo per riempire il serbatoio inizia il suo viaggio dai giacimenti di petrolio sparsi in giro per il mondo per arrivare alle raffinerie dove viene trattato. Il solo processo di estrazione dei combustibili fossili ha elevati rischi ambientali connessi, come tutto il ciclo di trasporto e produzione dei sottoprodotti, soprattutto del petrolio. Un danno agli impianti e lo sversamento dei prodotti in questione nell’ambiente è un fattore molto rischioso che, ad oggi, dobbiamo purtroppo accettare dato che siamo ancora legati a questo tipo di sistema di produzione di energia.

Il processo di raffinazione porta alla nascita di vari prodotti tra cui oli, nafte e appunto benzina e gasolio che utilizziamo nei nostri autoveicoli. Questi prodotti vengono trasportati via mare e via terra, anche attraverso oleodotti, stoccati in grandi centri predisposti appositamente, per poi essere distribuiti al dettaglio ai distributori di carburante presenti sulle nostre strade. Essendo questi carburanti altamente inquinanti, praticamente stiamo spostando in giro per il mondo un prodotto che, se disperso nell’ambiente, provocherebbe danni elevati.

Tutto il processo di raffinazione risulta altamente energivoro, senza considerare il trasporto dai giacimenti alla centrale di raffinazione e da questa ai distributori ultimi. I dati riportati nelle tabelle successive, desunte dal Rapporto ARPA Veneto per la Raffineria di Proto Marghera è significativo. Alla produzione praticamente 1 kg di benzina senza piombo, in grado di produrre circa 8.9 kWh di energia, ne ha già richiesti 0.16-0.20 kWh per la sua produzione, praticamente il rendimento è già sceso a circa il 98%. E non abbiamo ancora tenuto conto dell’estrazione, dello stoccaggio, della distribuzione e, naturalmente di tutti i costi e rischi ambientali connessi.

Come sempre: qui spiego l’antefatto, i risultati dopo… continuate a leggere e resistete!

Produzione di energia elettrica.

Se abbiamo un’auto alimentata da energia elettrica dobbiamo per forza fornirgliela in qualche modo. Dobbiamo quindi considerare diversi aspetti della produzione. Limiterei analisi e risultati al panorama Italiano, ma con gli stessi criteri si possono estendere le considerazioni generali agli altri Stati.

Per produrre energia elettrica ci sono tre vie principali: energia nucleare, energia termoelettrica, energia da fonti rinnovabili. La prima è stata bandita in Italia. Per la seconda il principio è semplice: brucio dei combustibili fossili per mettere in moto qualcos’altro e produco sempre energia elettrica. Per il terzo baso la produzione di energia elettrica su qualcosa di rinnovabile e, a volte, molto pulito. L’energia in questo caso deriva da biomasse, eolico, solare, idroelettrico, etc.

In Italia siamo ancora legati agli impianti termoelettrici ma stiamo pian piano spostandoci verso gli impianti alimentati da fonti rinnovabili. I rapporti ENEA sul panorama italiano mostrano una tendenza alla decarbonizzazione costante (vedi immagini seguenti), quindi nei prossimi anni l’energia utilizzata per ricaricare i veicoli deriverà in modo sempre più predominante da fonti energetiche “pulite”. In base ai protocolli firmati da molti Stati la tendenza globale sarà, si spera, di questo tipo.

Il trasporto dell’energia elettrica naturalmente non comporta, in caso di guasto del sistema di trasporto, perdite di materiale inquinante nell’ambiente, ma semplicemente non passerà più energia (almeno in via semplificata).

Esiste poi un problema legato alla produzione di energia che risulta al momento ostico da superare: quando produciamo energia elettrica dobbiamo accumularla o consumarla. L’energia legata ad alcune fonti rinnovabili dipende da una fonte che non possiamo gestire: il fotovoltaico genera energia nelle giornate soleggiate, l’eolico se c’è il vento, l’idroelettrico se c’è acqua. E gli impianti termoelettrici? quelli in continuo in quanto non possiamo spegnerli e riaccenderli perchè il sistema di produzione a cui sono legati non lo permette.

Per l’idroelettrico una soluzione ci sarebbe: realizzare grandi dighe in cui accumulare acqua da attivare, praticamente istantaneamente, quando c’è richiesta. Questi sono gli “impianti pilota a bacino”. Molti impianti idroelettrici, però, sono ad acqua fluente, quindi producono energia se c’è acqua nei fiumi su cui sono posti e, molte volte, c’è acqua in eccesso quando magari la rete elettrica non richede energia. E’ presente troppa energia in rete? Si possono utilizzare alcuni sistemi complessi di bacini per riportare acqua ad alta quota in cui invasare l’acqua per poi riturbinarla e produrre di nuovo energia al bisogno. Un esempio in Italia è la Centrale Idroelettrica di Entracque, provincia di Cuneo. (N.d.R: sono ingegnere idraulico, fidatevi che è così!)

Altri sistemi di accumulo di energia a grande scala non esistono, ma esistono o potrebbero esistere sistemi di accumulo localizzati piccoli. Un vantaggio nell’elettrificazione della trazione dei veicoli e nella comparsa dei sistemi di accumulo “privati” per i veicoli elettrici potrebbe, con le giuste cautele, risolvere così questo inconveniente.

Pensando ad un sistema ideale interconnesso di sistemi costituiti da batterie domestiche o locali e relative colonnine di ricarica, si potrebbe accumulare in maniera diffusa l’energia prodotta dalle fonti rinnovabili quando questa è disponibile, andando a migliorare il sistema energetico complessivo. E’ stata trovata la soluzione definitiva? Non proprio… a chi gestisce la produzione e il dispacciamento dell’energia elettrica (essenzialmente TERNA, GSE e ARERA) l’affidarsi a sistemi troppo frammentati e “privati” non piace molto, dato che il controllo e la pianficazione di produzione, accumulo e consumo non è mai ottimale e pianificabile per tempo.

Quindi il sistema per migliorare la gestione dell’energia da fonti rinnovabili esisterebbe ma non è ancora del tutto ottimizzato, ma a livello nazionale e mondiale ci si sta muovendo in questo senso.

Esiste un altro problema a cui si sta lavorando. Il passaggio alla trazione elettrica richiederà sempre più energia elettrica. Per aumentare l’autonomia delle batterie queste diventeranno sempre più grandi in termini di kWh accumulati. Per ricaricare in termini ragionevoli le batterie scariche serviranno sistemi ad alta potenza, espressa in kW. Dovete ricaricare una batteria da 50 kWh in 30 minuti? servono circa 100kW di potenza. Dovete farlo in 15 minuti? servono 200 kW, e così via.

Attualmente le colonnine di ricarica funzionano su potenze differenti. Il tempo di ricarica dipende dalla potenza con cui si carica (potenza in kW della presa disponibile nelle stazioni di ricarica), dalla potenza massima accettata dal caricabatteria interno al veicolo, dal tipo di cavo utilizzato oltre ovviamente che dalla capacità del sistema di accumulo di bordo e dallo stato di carica. Oggi sul mercato sono presenti:

  • stazioni di ricarica per il mercato residenziale (tipicamente con potenza da 3kW a 7kW)
  • stazioni di ricarica per segmento business (con potenza maggiore di 7kW, tipicamente 22kW)
  • stazioni di ricarica per uso pubblico con potenze superiori a 22kW
  • le stazioni Quick hanno potenza fino a 22kW
  • le stazioni Fast (installate su strade statali e autostradali)hanno potenza 43/50kW
  • le stazioni UltraFast hanno potenza fino a 350kW

Questa situazione dovrà portare ad un ripensamento delle reti di distribuzione dell’energia elettrica nazionale, che potrebbe non essere in grado, in alcuni tratti, a supportare il nuovo lavoro che le verrà richiesto. Si potrebbe pensare ad accumuli giornalieri, quando l’auto non è collegata, per poi restituire l’energia necessaria su richiesta.

Di questo me ne occuperò in un articolo a parte, dato che vorrei approfondire questo argomento.

Dismissione del veicolo.

Per la dismissione del veicolo in termini di telaio, scocca e interni, cambia poco in base al sistema di alimentazione del veicolo stesso. La dismissione del motore richiede il recupero di olii e carburanti esausti con tutti i problemi connessi al riciclo degli stessi. Per i componenti elettrici il discorso forse è più semplice. A parte alcune parti lubrificate, essenzialemtne si tratta di parti metalliche facilmente recuperabili per un nuovo ciclo vita.

Per le batterie il discorso di complica. Gli studi attuali eseguti dall’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA) parlano di una possibilità di reciclo quasi completo per il 50% delle batterie (riferito a tutte le tipologie di batterie attualmente presenti negli autoveicoli, elettrici e non). Le ricerche nel settore comunque ci sono ed è di buon auspicio anche sapere che le case produttrici di automobili parlano ormai di una vita delle batterie intorno a 8-10 anni, per percorrenze ormai superiori a 160.000 chilometri.

Esistono diverse tipologie di batterie per i veicoli elettrici, con possibilità di accumulo, valutata in kWh/kg, sempre più crescenti. Attualmente si stanno presentando anche altri sistemi di accumulo, come i supercapacitori. Questi sono dispositivi elettrochimici che ben si integrano con i generatori di corrente elettrica primari nei sistemi mobili alimentati a corrente elettrica. Essi infatti sono caratterizzati dal fornire elevate potenze elettriche per brevi periodi di tempo (secondi), mentre i generatori primari (batterie, celle a combustibile), sono più adatti a fornire correnti elettriche per tempi lunghi e a carico costante.

Aspetti sociali legati al passaggio all’auto elettrica.

Argomento molto spinoso. Preferisco parlarne a fine articolo, quando il quadro generale è completamente delineato. Se siete impazienti scorrete l’articolo ancora un po’.


Analisi complessiva dell’inquinamento rilasciato.

Una volta spiegate tutte le indagini che devono essere fatte per stabilire l’efficacia dell’elettrificazione dei veicoli, vediamo di arrivare ai risultati veri e propri. Naturalmente, come ho provato a fare in tutto questo articolo, non voglio esporre delle opinioni o idee personali, ma cerco di riportare dati e risultati desunti da chi queste cose le studia con tutte le dovute cautele del caso.

Nel seguito riporto quanto mi è stato possibile trovare di scientificamente plausibile e dimostrabile. I risultati sono proposti in ordine crescente di approfondimento dell’analisi, dalla valutazione del solo inquinamento durante la marcia dei veicoli fino a considerare anche la filiera di produzione degli stessi.

Valutazione dell’inquinamento durante la sola marcia del veicolo.

Partendo dalle valutazioni più semplici è chiaro che al crescere della trazione elettrica diminuiscono i consumi di carburante e, di conseguenza, l’inquinamento rilasciato localmente. Se non ne siete ancora convinti ci sono gli studi condotti, ad esempio, dall’Università di Sydney.

Uno studio approfondito, sempre condotto dal University of Technology Sydney, mostrano per alcune coppie di veicoli gemelli, di cui uno alimentato dal solo motore endotermico, l’altro della tipologia full hybrid, conferma la riduzione dell’inquinamento durante la marcia, anche su lunghi percorsi e su strade reali di varia natura. Le immagini precedenti mostrano i risultati relativi alla riduzione (FS) percentuale dei consumi tra 2 coppie di veicoli, tradizionali (CV) e ibridi (HV), su tre tipologie di lunghi percorsi, identificati come “HK route”, “KW route” e “NT route”. La riduzione delle emissioni inquinanti risulta dagli altri grafici proposti.

Dalla produzione di energia necessaria alla ricarica dei veicoli elettrici/ibridi al loro utilizzo su strada.

Iniziamo qundi a considerare non solo i consumi puntuali ma anche la filiera di alimentazione dei veicoli, ossia la produzione di carburante e/o elettricità e il loro utilizzo durante la marcia. Gli studi condotti all’Università di Cambridge, confermati anche dall’Università di Exeter, ottenuti analizzando la situazione in 53 Stati differenti, compresa Cina e USA, evidenziano che l’auto elettrica comporta una riduzione dell’inquinamento complessivo nel 95% dei casi.

Gli studi pubblicati su “Nature Sustainability” (marzo 2020) indicano che la riduzione varia tra il 70% dei paesi del Nord Europa, in cui la produzione di energia elettrica è in gran parte data dagli impianti idroelettrici, al 30% in UK. La Polonia, invece, è l’unico caso in cui non si hanno vantaggi in quanto gran parte della produzione energetica è ancora collegata ai combustibili fossili.

Come c’era da aspettarsi, quindi, il bilancio complessivo dipende essenzialmente dall’origine dell’energia elettrica con cui ricarichiamo le batterie. Stessi risultati sono proposti anche negli studi del MIT (Massachusetts Institute of Technology) che, tra l’altro, hanno sviluppato la procedura identificata come Sustainable Energy Systems Analysis Modeling Environment (SESAME) per supportare le amministrazione pubbliche verso il passaggio alla trazione elettrica, con tutto quello che ne compete.

Uno studio ancora più approfondito è stato condotto dall’AFDC (Alternative Fuels Data Center) dell’U.S. Department of Energy, in cui si tiene conto questa volta anche dell’infrastruttura per la ricarica dei veicoli, oltre che della produzione del carburante arrivando alla dismissione del veicolo. L’analisi considera anche vari scenari di utilizzo delle varie tipologie di veicolo. I risultati (vedi figure successive) evidenziano anche in questo caso il beneficio in termini di riduzione dell’inquinamento al crescere dell’elettrificazione della trazione.

Dalla produzione dei veicoli fino alla loro dismissione.

Ultimo gradino da affrontare. Dobbiamo controllare tutto, ma proprio tutto.

Partiamo quindi dalla produzione del veicolo, pacchi batterie comprese, al suo utilizzo, ai suoi consumi durante l’utilizzo, alla sua manutenzione, fino ad arrivare alla dismissione del veicolo, batterie comprese. Il confronto viene fatto, come sempre, tra le auto a motore endotermico e quelle ibrido/elettriche, per modelli simili in termini di potenze, prestazioni, classi, etc.

Vi riporto, a titolo di esempio, un veicolo assimilabile ad un SUV di grandi dimensioni, in quanto i calcoli devono essere fatti tenendo conto di diverse tipologie di veicoli, dato che ormai le auto ibride ed elettriche hanno dimensioni e pesi anche notevolmente differenti.

Gli studi pubblicati da Mercedes, che ormai da almeno una decina di anni valuta l’inquinamento prodotto durante tutta la vita dei propri autoveicoli, mostrano, ad esempio che nell’arco di 200.000 km costruire, utilizzare e smaltire a fine vita una Mercedes EQC genererebbe 17,1 tonnellate di CO2 nel caso in cui l’energia impiegata per la ricarica e la produzione del veicolo venisse esclusivamente da centrali idroelettriche. L’anidride carbonica balzerebbe a 32,4 tonnellate usando l’energia prodotta nell’unione Europea, che ha una quota ancora sostanziosa di produzione da centrali termiche. Le stesse quantità riferite alla GLC 350e, che per dimensioni e peso è confrontabile con il precedente, sono rispettivamente 25,6 e 37,9 tonnellate di CO2, valori quindi nettamente superiori. E per ora non abbiamo ancora considerato auto completmaente a benzina o a gasolio!

Lo studio condotto dalla European Environment Agency, aggiornato a novembre 2020, quindi recentissimo, conferma la riduzione di inquinamento lungo tutta la filiera di produzione dei veicoli elettrici, indicando qundi un beneficio nella progetto di elettrificazione dei veicoli.

Al 2020, sulla base del mix utilizzato per la produzione energetica a livello europeo, ancora molto vincolata all’energia termoelettrica, la riduzione di inquinamento complessivo di un veicolo elettrico, dalla produzione alla dismissione, risulta inferiore del 17%-30% rispetto all’equivalente veicolo a motore esclusivametne endotermico. Nella prospettiva di incrementare sempre più l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili la diminuzione di inquinamento potrebbe arrivare anche oltre al 70% nel 2050, sempre che tutti gli stati membri attuino quanto richiesto a livello comunitario.

I progetti in campo europeo tengono conto anche della necessità di trasferire il più possibile lo spostamento delle merci (e dei passeggeri) verso un trasporto più sostenibile che dovrà interessare naturalmente anche il trasporto ferroviario con un suo potenziamento.

Ritorniamo allo studio proposto dalla European Environment Agency. Questo propone approfondimenti in ogni settore legato all’autoveicolo, tenendo conto dell’influenza che la tipologia di motore utilizzato ha sia sul clima, sia sull’ambiente, sia anche sulla salute stessa dell’uomo. Sono state analizzate le componenti della scocca e dell’autotelaio, della parte elettronica delegata alla produzione e all’accumulo dell’energia elettrica, ai motori elettrici. Per i pacchi batterie lo studio si è spinto all’analisi dei vari componenti tenendo conto anche del ciclo di estrazione delle terre rare che le compongono, del ciclo di produzione, e così via.

Nulla è stato lasciao al caso. Per la produzione di alcune componenti sono state fatte anche simulazioni a medio/lungo termine (fino al 2030) per capire gli eventuali scenari futuri legati a differenti sviluppi del mercato delle auto elettriche e ibride che determineranno, data la continua crescita della richiesta di questi veicoli, una continua crescita di materiali ad alto costo, sia economico sia ambientale per quanto riguarda soprattutto la loro estrazione (le “terre rare”).

Aspetti economico-sociali del passaggio all’ibrido e all’elettrico.

Da quanto emerso fino ad ora ne risulta un quadro complessivo confortante: il passaggio dalla trazione basata sui combustibili fossili ai motori primi ibridi poi elettrici presenta vantaggi positivi all’ambiente, e all’uomo, in termini globali.

Resta però ancora da trattare un ultimo aspetto: il passaggio in atto è socialmente sopportabile in tempi rapidi?

Verso l’autunno del 2020 venivano istituiti dei blocchi del traffico in alcune grandi e piccole città che praticamente bloccavano il transito fino ai diesel Euro 5. Dalle opinioni espresse da alcuni politici si era diffusa la preoccupazione che dal 2025 sarebbero stati banditi i motori che non erano almeno Euro 6, per non parlare dei motori a gasolio additati come la causa di ogni male e quindi banditi addirittura dalla faccia della Terra. Attualmente si parla del passaggio all’auto elettrica non prima del 2030, orizzonte già più plausibile. La strada per alcuni stati è già stata tracciata, per altri è in fase di definizione.

Il passaggio dovrà essere fatto, ma i tempi richiesti DEVONO essere molto più lunghi. Gli incentivi attuali forniscono circa 6’000 euro per il passaggio ad un’auto elettrica, con prezzo di partenza superiore a 30’000 euro. Per le auto ibride il vantaggio è minore a fronte di un costo di partenza superiore a circa 25’000 euro per la gran parte dei modelli a disposizione.

Chi ha però a disposizione o riesce a recuperare o farsi finanziare queste cifre in poco tempo?

Le stime del UNRAE sul parco macchine circolante in Italia possono chiarire il tutto. Su una stima di oltre 38 milioni di autoveicoli attualmente immatricolati in Italia, il 30%, ossia oltre 11 milioni, sono ante normativa Euro 4, ossia veicoli ad alto tasso di inquinamento con alle spalle almeno 11-12 anni di vita, quindi troppi! Chi possiede questi veicoli, salvo casi particolari, non è interessato ad investire almeno 20-30 mila euro per il passaggio ad un nuovo veicolo ibrido/elettrico. L’usato che consegnerebbe in concessionario non avrebbe più valore di permuta, quindi non avrebbe un ritorno economico. Questa tipologia di utente in molti casi non potrebbe sostenere un finanziamento per il passaggio ad un’auto nuova. Quindi ci si dovrà inventare qualcosa.

I Governi, dovrebbero pertanto pianificare il passaggio all’alimentazione completamente elettrica in più fasi. Pensare, ad esempio, anche degli incentivi per il passaggio dalle Euro 4 a degli usati Euro 6 vorrebbe già dire svecchiare enormemente il parco auto, con costi per le famiglie non superiori a 10-15 mila euro, quindi anche pari a 1/3 delle cifre precedentemente in gioco. Questi utenti potrebbero poi, dopo altri 10 anni, pianificare il passaggio alle auto elettriche, con un parco auto usate di questo tipo ormai ampio, con la possibilità quindi di ottenere a prezzi ragionevoli un veicolo di nuova concezione. Nel giro di 20 anni si potrebbe pensare quindi di avere in circolazione solo veicoli elettrici puri o ad autonomia estesa.

In un periodo di questo tipo ci sarebbe anche il tempo per sviluppare l’infrastruttura necessaria a dotare non solo le città ma anche i piccoli paesi di colonnine o centri di ricarica, visto che si inizia a parlare anche di questi utlimi, ossia delle sorti di distributori dove colonnine ad alta potenza possono ricaricare i nostri veicoli in pochi minuti.

Un nuovo tipo di mobilità.

Nel capitolo precedente ho stimato circa 20 anni per la conversione completa alla trazione elettrica, ma 20 anni non li abbiamo, dato che è stata decisa la fine della trazione a combustibili fossili per il 2030. Gli sviluppi previsti per i prossimi 10 anni porteranno necessariamente ad un nuovo concetto di mobilità di cui se ne sta parlando in diversi ambienti.

La necessità di ridurre e ottimizzare il parco macchine circolante e l’utilizzo di intelligenza artificiale applicata sia alla guida autonoma dei veicoli, sia alla creazione reale di smart city, ossia città intelligenti dove tutto può essere coordianto e gestito a livello digitale, porterà anche ad un nuovo concetto di mobilità. Di questo argomento, che fino agli inizi del nuovo millennio sembrava utopia, adesso si sta concretizzando, con interesse sia da parte delle Istituzioni, come la nostra ENEA o ANCI, sia da parte delle case automobilistiche, come Volkswagen.

Praticamente, nelle grandi città, funzionerà più o meno così:

  • devo fare un viaggio fuori città, lungo o corto che sia? prenoto tipo e modello di auto che raggiungerà da sola (parliamo di guida autonoma) la mia abitazione dove verrà poi da me utilizzata per il tempo necessario, come un’auto a noleggio vera e propria;
  • devo andare al lavoro tutti i giorni sullo stesso percorso? prenoto la tratta e gli orari a me comodi e un’auto mi preleverà e mi porterà dove richiesto; se voglio, risparmiando, potrò fare il viaggio con altre persone, che condividono con me orari e percorsi, come su una sorta di taxi-condiviso, però senza conducente;
  • voglio l’auto di proprietà e siamo in tre in famiglia che si muovo con orari e percorsi differenti? se compatibili tra loro, l’auto porterà la prima persona a destinazione, torna a casa a prelevare la seconda per la nuova destinazione e così via.
  • Come gestire il tutto? l’intelligenza artificiale, la comunicazione tra i veicoli e un sistema centrale che tiene conto della situazione istantanea di strade e traffico, gestirà la mobilità proponendo percorsi alternativi, posteggi, punti di recapito e carico dei passeggeri, etc.. Una cosa simile è già in fase di sperimentazione, ad esempio, a Singapore.

I vantaggi risiedono nella ottimizzazione e riduzione dei veicoli circolanti e del traffico, e di quanto ne compete, miglioramento della qualità della vita, riduzione dei costi per chi non potrà permettesi veicoli di questa tipologia e altro ancora.


Conclusioni.

Articolo lunghissimo. Vediamo di chiudere con i risultati ottenuti che dovrebbero aver risposto alle domande iniziali.

Domanda 1: L’auto elettrica è veramente più ecologica rispetto ad una con motore termico?

Sì. La valutazione globale, dalla produzione alla dismissione dell’autoveicolo, considerando anche la filiera per la produzione e l’approvvigionamento dell’energia elettrica da una parte e del carburante di origine fossile dall’altra, è a netto vantaggio dell’auto ibrida e/o elettrica.

Domanda 2: Ci sono limitazioni da considerare?

Sì. L’energia utilizzata in tutte le filiere di produzione dell’auto ibrida o elettrica deve derivare da fonti rinnovabili, mantenendo così positivo e vantaggioso il passaggio a questa tipologia di motori.

Domanda 3: La tecnologia delle auto ibride e elettriche è già pienamente sviluppata?

No. Lo sviluppo tecnologico maggiore sta iniziando adesso. Si stanno migliorando sempre più le caratteristiche dei sistemi di accumulo, anche con nuove tecnologie, al fine di garantire un aumento dei kWh accumulati per ogni kg di batteria stessa.

Domanda 4: La società è pronta al passaggio forzato all’auto elettrica?

No. Se il passaggio avverrà troppo velocemente si potrebbero creare dei disagi sociali. I costi delle auto elettriche sono troppo elevati, come pure per le auto ibride. Il parco circolante in Italia ha un’età, per oltre circa il 40%, superiore ad almeno 12 anni di vita. Chi possiede questi autoveicoli non ha probabilmente le possibilità per investire 20-30 mial euro per un nuovo veicolo.

Domanda 5: Si svilupperanno nuove tipologie di mobilità?

Sì. Si prefigura il passaggio maggiormente a veicoli noleggiati e condivisi. Il concetto di auto di proprietà inizierà a perdere di significato, prefigurando uno scenario in cui si difonderà sempre più il noleggio e la condivisione dell’autoveicolo. Intelligenza artificiale e guida autonoma porteranno a nuovi scenari in cui l’auto verrà prenotata e utilizzata solo al bisogno, almeno nelle grandi città, dove i numeri dei veicoli circolanti permetteranno questo tipo di mobilità.


Fonti consultate.

Se volete approfondire gli argomenti che ho esposto basta cliccare sulle parti di testo in grassetto, corsivo e di colore blu. Verrete reindirizzati ai siti internet e ai documenti che ho letto e studiato.

Le immagini iniziali sono state prese dai siti di Honda, Suzuki e Lotus.

Non dovrei aver dimenticato nessun altro…

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