Semplificare, quindi aggiungere leggerezza.

di Filippo Miotto, pubblicato il 07/06/2021.


Il titolo è una citazione di Colin Champan. Sì, proprio lui, il fondatore della Lotus Cars, che ha condensato in poche parole il concetto alla base della sua e di molte Case Automobilistiche inglesi.

Ma veniamo ora all’articolo.


Ci sono auto e auto. Ognuno di noi può trovare quella che lo affascina di più e che, solo al pensiero di poterle un giorno guidare, ci regalerà sicuramente delle emozioni. Le filosofie che ci sono dietro alla loro progettazione e realizzazione sono diverse, tutte volte al piacere della guida, e le troviamo applicate o esaltate da linee sfuggenti o imponenti, futuristiche o dallo stile retrò, o al di fuori da ogni schema.

Se si parla di auto sportive e super sportive in molti pensano alle grandi scuderie di supercar e hypercar più note. Dinamicità di guida elevata, riprese ed accelerazioni brucianti e velocità di punta ormai abbondantemente superiori ai 300 km/h. Ma esiste solo questo tipo di sportività? Se vogliamo auto con queste prestazioni normalmente si deve pagare lo scotto di motori grandi e veicoli alla fine pesanti, e non può esserci altra soluzione. Chi cerca queste auto vuole almeno un V8 e cilindrate elevate.

Ma esiste un altro tipo di sportività.

Le elevate capacità dinamiche, anche note con il termine inglese di “handling”, o le accelerazioni e le riprese che ci attaccano allo schienale del sedile, comportano che il veicolo abbia non solo motori potenti, ma anche una elevata tenuta di strada sia alle alte velocità, sia soprattutto nei percorsi misti dove le curve si susseguono freneticamente, con raggi sempre più stretti, da affrontare a velocità sempre più elevate. Il susseguirsi di accelerazioni e frenate continue richiedono quindi telai, cambi e motori performanti.

In queste situazioni auto larghe e lunghe, anche se dotate di potenze elevatissime, non sono proprio l’ideale… Alcune caratteristiche meccaniche sono condivise con i bolidi dai motori enormi, come il baricentro basso e il telaio con alta rigidità torsionale, mentre il passo deve necessariamente essere corto. E i motori? Questi devono diventare piccoli, normalmente con cilindrate intorno ai 2 litri, anche meno, caratterizzati da potenze e coppie di tutto rispetto, ma lontane dalle potenze delle supercar classiche.

Il trucco per avere prestazioni elevate diventa così ridurre il peso. Se questo diminuisce, infatti, il rapporto peso/potenza cresce, trasformando la nostra piccola auto in una supersportiva da sfruttare fino all’ultimo cavallo di potenza disponibile! L’aerodinamica deve per forza di cose essere piuttosto evidente a livello di carrozzeria, in quanto la stabilità viene garantita da un carico verticale elevato, possibile solo con studi accurati di come l’aria si muove intorno al veicolo e/o con appendici aerodinamiche ovunque.

Aggiungiamo poi una linea accattivante e il gioco è fatto: abbiamo creato una belva perfetta per affrontare la strada (ops.. il circuito: su strada sempre rispettosi dei limiti e della sicurezza di chi ci sta intorno!).

I templi in cui padroneggia da sempre questa filosofia sono senza dubbio le Case Automobilistiche Inglesi, dove le maestranze artigianali propongono veicoli che si distinguono nettamente dal panorama automobilistico classico, e dove il divertimento è assicurato. Attenzione però che guidandole non passerete di certo inosservati…

Altre caratteristiche?

Motori potenti e pesi leggeri sono il connubbio perfetto per avere veicoli dalla innata capacità sportiva, ma ogni paese ha il suo stile. Il panorama inglese ci offre delle autovetture che sono facilmente riconoscibili. In molti casi troviamo delle auto da circuito omologate per strada, oppure con telaio a vista, o ancora con appendici aerodinamiche di ogni tipo, e ben visibili, con interni ridotti al minimo essenziale.

Le marche sono tantissime. Qualcuna è conosciuta perchè legata anche a numeri di produzione un po’ più elevati, altre sono quasi sconosciute, se non a chi è appassionato, e un po’ malato, di motori.

Le produzioni, in effetti, molte volte sono praticamente artigianali, con tirature di alcune centinaia di veicoli all’anno. I motori difficilmente vengono sviluppati direttamente da queste Case, ma vengono utilizzate sinergie che permettono l’utilizzo di gruppi di produzione già in uso in altri modelli sportivi, magari ritoccati quel minimo per avere ancora un po’ di potenza e coppia in più, o per adeguarli ai pesi leggeri che dovranno spingere.

Nel panorama delle Case inglesi è possibile individuare 5 filoni principali corrispondenti ad altrettanti concetti di auto piccole e cattive:

  • auto da pista prestate alla strada, che comprendono la Briggs Automotive Company, la Radical Sportscars e la Ariel;
  • auto heritage, con la rappresentante principale identificabile nella Morgan;
  • auto… auto… le Caterham (non sono riuscito a classificarle);
  • auto sportive tradizionali, o per lo meno più tradizionali rispetto alle precedenti, rappresentate dalle Lotus;
  • auto eostiche che ormai non ci sono più, praticamente le ultime TVR.

Partirei con la loro trattazione iniziando da quelle che penso siano meno note, ma non per questo meno affascinanti.

Quando il circuito si mischia con la strada.

Se guardate questi veicoli sembra che siano scappati direttamente da un circuito. La voglia di normalità è completamente assente e, anzi, sembra essere stata rigettata in ogni forma.

Di fronte a delle situazioni del genere qualcuno potrebbe non essere d’accordo. Abitacoli spartani, in alcuni casi nemmeno l’aria condizionata… e tutto per cosa? naturalmente per ridurre il peso il più possibile.

Briggs Automotive Company

Un esempio per tutti è la BAC Mono, della Briggs Automotive Company, Casa nata per volontà dei fratelli Neill e Ian Briggs, con sede a Liverpool. L’auto viene proposta nel 2011 come realizzazione del sogno dei due fratelli che, dopo esperienze lavorative in marchi quali Porsche, Benltey, AMG e altri ancora, decidono di produrre un’auto da corsa omologata per la strada. I principi e le filosofie seguite sono quelle delle monoposto da circuito e, infatti, l’auto nasce con la stessa concezione: 1 solo posto e tutto incentrato sul pilota. L’unico vezzo sono state delle carenature all’anteriore, ma l’impostazione resta quella delle monoposto.

La carenatura è infatti la minima indispensabile per l’omologazione: ci troviamo di fronte ad un’auto scoperta che ricorda molto quelle utilizzate nei campionati prototipi, solo che il tentativo di aggrazziare le forme l’ha resa forse più estrema. A livello estetico l’auto ha un impatto scenico molto elevato che, nella sua rudezza e particolarità, la rende comunque affascinante. Come stile se la gioca con la KTM, ma questa è un’altra storia.

L’auto, nel complesso, non è proprio piccolina, dato che ha una lunghezza di quasi 5 metri, per oltre 1.8 metri di larghezza, solo che l’utilizzo di materiali all’avanguardia, e l’assenza di un abitacolo vero e proprio, ne hanno ridotto il peso a soli 580 kg. Il motore, un 4 cilindri in linea da 2.5 litri, sviluppa una potenza di 305 CV e una coppia di 308 Nm, ottenendo così un rapporto peso/potenza di 525 cavalli per tonnellata. Impressionante! E stiamo parlando delle specifiche della BAC Mono, ossia della versione “base”, se così si può chiamare. Esiste infatti anche una versione “Mono R” ancora più performante.

Una ulteriore caratteristica di questo veicolo è l’utilizzo di materiali all’avanguardia come il grafene e il niobium. Il grafene, un materiale costituito da uno strato monoatomico di atomi di carbonio, viene utilizzato in aggiunta alla fibra di carbonio per la realizzazione dei pannelli dell’autoveicolo, permettendo una riduzione degli spessori degli stessi e un risparmio di peso di circa il 22% rispetto ai pannelli in sola fibra di carbonio. Il Niobium, e quì siamo nel campo dei nanomateriali, è un materiale molto leggero, duttile, ma dalle elevate caratteristiche di resistenza, adottato nel telaio e nelle sospensioni della Mono.

Radical Sportscars

Spostiamoci ora a Peterborough dove ha sede la Radical Sportscars che, più o meno come la precedente, propone per l’omologazione su strada una vettura che può già così com’è, girare in un circuito. Questa Casa nasce nel 1997 dall’idea di due piloti amatoriali e ingegneri, Mick Hyde e Phil Abbott, di realizzare veicoli sportivi da usare sia in circuito sia su strada, con quasi tutti i loro modelli omologati per entrambe le situazioni.

I modelli iniziali venivano sviluppati utilizzando motori in prevalenza di origine Kawasaki, Suzuki e Honda, caratterizzati da cilindrate ridotte, da 1.5 a 2 litri. Le potenze non superavano i 250 CV, ma il peso ridotto, e la telaistica di carattere corsaiolo estremo, garantivano comunque prestazioni elevate. I diversi modelli che si sono susseguiti negli anni hanno poi assunto caratteristiche diverse, mantenendo inalterato il loro carattere di auto da pista.

La RXC rappresenta una delle versioni che possono essere omologate per la strada. Il motore in questo caso è un V6 Ecoboost di derivazione Ford da 3.5 litri per 400 CV nella versione stadard che possono crescere fino a 650 CV con il kit optional.. Il peso, limitato a poco più di 1100 kg determina un rapporto peso potenza molto basso. Le prestazioni sono elevate: parliamo di uno scatto 0-100 km/h in circa 2.7 secondi e una velocità massima di quasi 290 km/h.

L’estetica delle vetture Radical sono molto particolari! Dalle immagini precedenti si riconoscono subito. In questo caso i posti disponibili sono 2, ma non certo sono stati pensati per i viaggi comodi. L’abitacolo è strettamente corsaiolo. Che si tratti delle versioni aperte o chiuse, il discorso non cambia: ala frontale molto pronunciata, praticamente una tavola a pochi centimetri dal suolo, alettone gigantesco al posteriore, e passaruota tipici delle auto prototipi. Appendici aerodinamiche musetto anteriore, sagomato per migliorare i flussi dell’aria, determinano un carico verticale alle alte velocità che può arrivare anche a 900 kg.

L’auto è larghissima, quasi 1.95 metri, ma la lunghezza resta limitata a circa 4.30 metri.

Ariel

Se la BAC Mono e la Radical RXC e le sue sorelle vi sono sembrate strane, cosa direte delle vetture prodotte dalle Ariel Motor?

Anche questa casa automobilistica propone delle “street legal race car“, proponendo quella che, in paragone al mondo delle moto, potrebbe essere definita coma la prima auto della tipologia “naked”.

La Ariel Motor, con sede a Crewkerne, pur essendo una realtà artigianale piccolissima, vanta una tradizione lunghissima, con la fondazione della società nel 1871, quando si dedicava alla produzione di biciclette. Nella sua lunga storia è passata poi alle auto, alle moto, e infine di nuovo alle auto. La rinascita del settore auto è da datarsi al 1999, solo un anno prima del debutto della Atom prima serie che montava dei motori di derivazione Rover con potenze fino a 180 CV circa, abbandonati poi dalla seconda serie dove iniziarono ad essere utilizzati le unità fornite dalla Honda.

La Atom attuale, giunta ormai alla quarta generazione, in produzione dal 2018, è una evoluzione delle versioni precedenti, in cui hanno cercato di migliorare sempre più le performance del veicolo.

Caratteristica della Atom è il telaio a vista di tipo tubolare su cui è innestata la carrozzeria e le varie componenti aerodinamiche. L’auto in questione non è certamente un modello tradizionale. Due posti secchi, carrozeria ridotta al minimo e si viaggia all’aria aperta. I sedili, ad alto contenimento, sono stati ridotti ad un guscio di spessore infinitesimo.

Il motore è quello della Honda Type R, ossia il 2 litri, 4 cilindri in linea, da 320 CV e 420 Nm di coppia, con la possibilità di portarlo fino a 350 CV. Il peso di 595 kg garantisce uno scatto di circa 2.8 secondi per lo 0-100 km/h. Cambio manuale a 6 rapporti e trazione posteriore completamento il tutto. A differenza delle precedenti trattate, questo modello ha dimensioni molto ridotte: lunghezza di circa 3.5m e un passo di 2.39 m che determinano una agilità pronunciata sui circuiti dove le curve fanno da padrone.

Heritage, ma moderno.

In questo settore rientrano auto molto particolari in quanto presentano linee esterne e abitacoli con un fortissimo richiamo al passato. Se non fosse per le tecnologie moderne che (quasi) tutte adottano, si potrebbe benissimo confonderle con auto di molte decine di anni fa. Parliamo di Case che sono nate con l’automobile stessa e che rivedono miti antichi in chiave moderna. Un esempio per tutte è la “the Morgan Motor Company has been manufacturing quintessentially British vehicles in Malvern, UK, for more than 110 years”.

La Morgan Motor Company aveva in produzione, fino a pochi anni fa, ancora un modello a 3 ruote con cui si affacciò al mondo automobilistico alle sue orgini: la 3 Wheeler. Questo veicolo, per impostazione e tipologia di motore, era un ibrido tra una motocicletta e a una vera e propria auto.

Nel seguito mi concentrerò essenzialmente sulla Morgan Plus Six, una cabrio con motore BMW e parte del telaio in legno. Esattamente: parte del telaio viene realizzato ancora in legno. In realtà il telaio principale è in alluminio e adotta la nuova tecnologia chiamata CX-Generation, in cui la rigidità torsionale, rispetto ai precedenti modelli Morgan, è stata aumentata del 100%. La struttura in legno di frassino ha anche una specifica finalità strutturale, dato che garantisce una maggiore rigidità del pianale nella parte alta, con un peso del componente specifico minore, quindi permettendo di mantenere il baricentro basso, tutto a vantaggio del piacere di guida sui percorsi misti.

Come si pù vedere dalle immagini, la Morgan Plus Six potrebbe essere definita una “restomood“, ossia quelle auto fatte richiamando in modo evidente le linee passate, ma presentando soluzioni ingegneristiche moderne. Da questo punto di vista questo veicolo porta in dotazione un 6 cilindri in linea della BMW da 3.0 litri in grado di sviluppare una potenza di 335 CV a 6500 rpm, 500 Nm di coppia. Anche il cambio è di impostazione moderna, caratterizzato dalla tecnologia ZF è un automatico a 8 rapporti con possibilità di gestione manuale delle cambiate.

L’auto è piuttosto piccola, con una lunghezza di poco inferiore a 3.90 metri, una larghezza appena superiore a 1.75 metri e un peso complessivo di 1075 kg. In questo modo le prestazioni vantano uno 0-100 km/h in 4.2 secondi e una velocità massima di 267 km/h. L’abitacolo, come si può vedere, risulta essenziale, con due posti secchi all’interno.

Caterham Style.

E poi arrivano loro, le Caterham. Potrebbero essere anche queste definite “restomood car”, ma non sarebbe del tutto vero, oppure come “street legal car”, ma anche questa definizione non sarebbe esatta. Ho quindi deciso di attribuire alle Caterham una propria tipologia, la “Caterham Style”.

L’auto è molto semplice: 4 ruote, un motore, due sedili. Sembra uno scherzo ma poco ci manca. Anche se scritto in questo modo sembra un giocattolo, in realtà il lavoro artigianale che porta alla nascita dei modelli di questa casa ingelse è molto particolare.

Esplorando la filosofia Caterham si scopre che la volontà è quella di esaltare il piacere di guida praticamente costringendo il pilota a “sentire” ogni parte della popria auto e a capire le reazioni di questa sull’asfalto. Praticamente “… At Caterham we hold to the theory that ‘less, is more’. …“. Il principio secondo cui “meno è meglio” viene spiegato con la semplice asserzione che “… That’s why each of our Sevens are engineered to deliver a driving experience, they aren’t simply vehicles to propel you from point A to point B, but to gain all there is from that journey, fun! …“.

Devo spostarmi da un punto A a un punto B? perchè farlo lasciando il piacere di guida alla macchina? ne costruisco una “pura” e lascio che sia il pilot a a divertirsi, senza l’interposizione di aiuti alla guida e fronzoli vari.

Anche una breve vista all’immagine precedente, con tutti i modelli esposti, chiarisce bene che tipo di auto stiamo trattando. Ruote staccate dal copro macchina, che ospita il motore anteriormente, e l’abitacolo, talmente arretrato da essere quasi in linea con l’asse posteriore. L’auto in realtà è molto piccola, con una lunghezza, nella versione con telaio allargato, che arriva a 3.35 metri di lunghezza per 1.63 metri di larghezza. Meno di una utilitaria.

L’utilizzo di un telaio tubolare permette di contenere il peso intorno ai 500kg, con potenze variabili da 135 CV a 237 CV fornite da un motore da 2.0 litri di derivaizone Duratec Ford.

L’auto presenta alcune particolarità significative che fanno capire la ricerca delle performance che c’è alla base della filosofia Caterham. Alle ruote anteriori, ad esempio, vengono adottate delle sospensioni di derivazioni dalla Formula 1, con ruote indipendenti. Nei vari allestimenti sono poi possibili personalizzazioni che portano ad aumentare la sportività di auto, che, nonostante la loro semplicità, già di base si farebbero riconoscere.

Coem per tutte le auto di questo tipo, si deve pagare il prezzo di un abitacolo non certo votato alla comodità dei lunghi viaggi. Con una Caterham si viaggia solo ed esclusivamente perchè si vuole guidare!

Attualmente il modello presente è unico, la Caterham Seven, con varie declinazioni e interpretazioni caratterizzate da prestazioni crescenti.

Colin Chapman e il sogno chiamato Lotus.

Lotus Cars è la casa automobilistica fondata da Anthony Colin Bruce Chapman nel lontano 1951.

Anche in questo caso sembra che tutto sia facile. Il principio su cui si è basata, e si basa tutt’ora, la progettazione Lotus, così come voluta dal suo fondatore, riguarda il concetto di semplificare e togliere peso: “Simplify, then add lightness“. Attenzione però che semplificare non vuol dire fare le cose semplici!

Come abbiamo già visto per i modelli precedenti, anche per la Lotus la ricerca della semplicità ha portato alla creazione di auto che adottino soluzioni tecnologicamente avanzate, materiali all’avanguardia, ricerche dell’aerodinamica perfetta, e potenze non esagerate, ma adatte alle performance di guida che si vogliono ottenere. L’auto deve essere, anche in questo caso, “sentita” dal pilota, rendendolo parte del telaio, del motore, delle sospensioni, e quant’altro faccia parte del nostro veicolo.

Mentre sto scrivendo questo articolo in Lotus si sta verificando una piccola rivoluzione che porterà progressivamente alla fine della produzione dei modelli attuali lanciandola verso il terzo millenio. Come da tradizione Lotus, probabilmente inizierà lei ad anticipare linee e tecnologie che poi troveremo anche in altri modelli di altre Case Automobilistiche.

Passerei ora a descrivere i modelli attualmente a listino.

Attualmente sono interessanti le due edizioni celebrative Lotus Elise Cup Final Edition e Lotus Exige Cup Final Edition. La prima, dotata di un motore DOHC 4 cilindri in linea turbo da 1.8 litri, ha una potenza di 183 kW a 7200 rpm e una coppia da 244 Nm. Il peso di 932 kg è associato ad una velocità massima di 248 km/h e uno 0-100 km/h in 4.2 secondi. Peso leggero, grazie al telaio in alluminio, dimensioni contenute, il tutto rifinito con appendici aerodonaimche atte a tenerla incollata alla strada. La seconda monta motori ancora più potenti che, nella versione di punta, la 430, vanta uno 0-100 km/h in 3.3 secondi e una velocità massima di 280 km/h. Il motore è un turbo V6 da 3456 cc, 321 kW di potenza e 440 Nm di coppia. Di poco più grande della precedente, parliamo di 4.04 metri di lunghezza per 1.80 m di larghezza, è caratterizzata da un peso di 1098 kg, a garanzia della maneggevolezza e delle prestazioni. Per entrambe le dotazioni interne dell’abitacolo sono minime, ma con una impostazione talmente sportiva da affascinarci sempre.

Tra i modelli attuali rimarrà in produzione, ancora per poco, la Lotus Evora GT410, che rimane il “top di gamma”, ma ancora per poco. Il propulsore è quello della Exige, ma con “solo” 305 kW di potenza e 410 Nm di coppia. L’auto è piuttosto grande, almeno rispetto alle precedenti. La lunghezza è prossima a 4.40 metri e la larghezza è vicina ai 2 metri. Le dimensioni cresciute fanno lievitare anche il peso, che rimane pero di poco superiore a 1300 kG, quindi un peso piuma anche in questo caso. Le prestazioni sono in linea con le precedenti: lo 0-100 km/h coperto in 4.2 secondi e quasi 300 km/h di velocità massima. Ala posteriore in grado di sviluppare una deportanza aerodinamica di 96 kg a 240 km/h.

Le ruote sono di dimensioni imponenti e, come vuole la tradizione sportiva “seria”, sono più grandi dietro (delle 285/30 R20) e più piccole davanti (delle 235/35 R19).

Come indicavo all’inizio, il futuro in Casa Lotus è già stato tracciato e ne abbiamo avuto un assaggio alcuni mesi fa con la Lotus Evija, primo modello completamente elettrico. Scusate, specificherei meglio: prima hypercar elettrica della Lotus. I dati tecnici sono impressionanti: oltre 2000CV, oltre 380 km/h di velocità massima, e tanti altri “oltre”. L’auto sta completando gli ultimi test per entrare poi ufficialmente in produzione. Il prossimo modello che darà il via alla sostituzione delle Elise e Exige e che verrà presentato ufficialmente il 6 luglio 2021, è la Lotus Emira, che, ricalcando quanto proposto dalla Evija in termini di linee, proporrà le nuove soluzioni tecniche, motirstiche e telaistiche delle future Lotus.

TVR Sagaris.

Nel 1947 nasce a Blackpool la casa automobilistica TVR dal genio di Trevor Wilkinson. Il motto che accompagnò i primi modelli era “beacause Porsche are for girls”, ripreso in modelli in cui peso basso, potenze alte e quasi nessun aiuto elettronico alla guida, erano i caratteri identificativi. Le linee, anche nei modelli più classici, erano abbastanza specifiche da identificarle chiaramente. La casa automobilistica rimase in vita, tra mille difficoltà, fino al 2012.

Recentemente questa Casa è rinata, proponendo un nuovo modello dietro al quale c’è Gordon Murray, il padre della McLaren F1, tanto per capirci…

Il modello più ricercato proposto nei tempi passati è stato senza dubbio la TVR Sagaris. Questo modello monta su un telaio tubolare il motore “Speed Six” a sei cilindri in linea aspirato da 4.0 litri, 400 cv e 478 Nm di coppia. Il peso, di circa 1078 kg, garantisce prestazioni impressionanti, con lo 0-100 km/h in 3.8 secondi e una velocità massima superiore a 300 km/h.

Linee molto particolari: cofano lunghissimo con feritoie e prese d’aria vistose ovunque, scarichi posteriori laterali, alettone vistoso posteriore, e unìabitacolo completamente spoglio. Potenza brutale e nessun controllo elettronico: l’auto o la si sa guidare, o meglio non provarci nemmeno. Purtroppo l’auto non eccelleva in affidabilità, quindi non riscosse un grande successo, ma quando non dava problemi erano dolori per le altre case automobilistiche!

Speriamo i nuovi modelli incarnino ancora la tradizione TVR. Il nome Gordon Murray dovrebbe essere una garanzia!

Gordon Murray Automotive.

L’intenzione iniziale era di finire l’articolo due righe fa, ma avendolo citato più volte, risulta d’obbligo proseguire la scrittura ancora un poco. Sto parlando di Gordon Murray, fondatore della sua Gordon Murray Automotive, e padre della McLaren F1 e della sua rinascita attuale, la T.50. In questo caso siamo di fronte ad un’auto di soli 852kg che monta un V12 di 3.9 litri da oltre 700CV.

Direi una soluzione interessante…

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